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Con la ris. 29.11.2019 n. 99, l’Agenzia delle Entrate ha affermato l’obbligo di identità soggettiva tra chi appone il visto di conformità e chi predispone e trasmette la dichiarazione.

Quanto affermato nella risoluzione in esame sembra assumere valenza generale e superare quindi anche le indicazioni fornite dalla stessa Agenzia nelle istruzioni ai modelli di dichiarazione approvati nel 2019, nelle quali sono stati indicati in maniera dettagliata i casi in cui è ammesso uno specifico “collegamento” tra il professionista che appone il visto e il soggetto (associazione professionale, società di servizi o società tra professionisti) che provvede all’invio della dichiarazione.

In caso di violazione di tale regola, l’Agenzia delle Entrate afferma che il contribuente:

  • è sanzionabile ai sensi dell’art. 13 co. 4 del DLgs. 471/97, con applicazione quindi della sanzione pari al 30% del credito indebitamente utilizzato in compensazione in violazione dell’art. 10 del DL 78/2009 (crediti IVA) o dell’art. 1 co. 574 della L. 147/2013 (crediti per imposte dirette e IRAP);
  • deve produrre idonea garanzia per ottenere il rimborso dei crediti IVA, ai sensi dell’art. 38-bis del DPR 633/72.

Per quanto riguarda il professionista che ha apposto il visto di conformità su una dichiarazione poi non trasmessa dallo stesso, l’Agenzia delle Entrate ritiene applicabili le disposizioni dell’art. 39 del DLgs. 241/97, in materia di:

  • sanzioni per il rilascio infedele del visto di conformità;
  • eventuale sospensione e inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità.