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La scelta tra procedura ordinaria del ravvedimento operoso ovvero l’adesione alla pace fiscale deve considerare diversi elementi. Infatti per regolarizzare le contestazioni contenute in un Pvc, il contribuente potrebbe beneficiare del ravvedimento operoso mediante presentazione di una dichiarazione integrativa.

Anche nell’ipotesi di contestazioni rivolte a una società, i riflessi in capo ai soci potranno essere in ogni caso regolarizzati tramite il ravvedimento, attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa da parte di ciascuno. In questo caso i termini di decadenza del potere di accertamento ricominciano a decorrere dalla data di presentazione dell’integrativa stessa, prorogando in questo modo gli ordinari termini legati alla dichiarazione originaria: tale estensione riguarda però solo i nuovi elementi integrati e non i dati rimasti invariati.

Nella pace fiscale è necessario definire integralmente il contenuto del Pvc con la conseguenza che, se parte delle contestazioni non sono ritenute fondate, l’abbattimento di interessi e sanzioni potrebbe non risultare così conveniente rispetto al ravvedimento. Occorre anche considerare la liquidità necessaria: se il contribuente dispone di perdite pregresse utilizzabili oppure di crediti compensabili, può risultare comunque conveniente, considerando anche interessi e sanzioni, la presentazione della dichiarazione integrativa in via ordinaria; aderendo alla pace fiscale, invece, si possono rateizzare le somme dovute in 20 rate trimestrali.

L’articolo 15 del Dlgs 218/1997 consente ai contribuenti che ricevono avvisi di accertamento, di liquidazione o di rettifica di ottenere una sostanziale riduzione delle sanzioni, a condizione che:

  • rinuncino all’impugnazione ed a presentare istanza di adesione;
  • provvedano al pagamento del dovuto entro 60 giorni della notifica dell’atto.

Il beneficio consiste nella riduzione a un terzo delle sanzioni irrogate, oltre però al pagamento delle maggiori imposte pretese dal fisco e ai relativi interessi. Le somme dovute possono essere versate in unica soluzione oppure in forma rateale (otto rate trimestrali oppure se l’importo supera i 50mila euro 16 rate trimestrali) senza alcun obbligo di garanzia. L’acquiescenza deve riguardare l’intero atto e quindi tutti i rilievi in esso contenuti, anche se ritenuti infondati. A tal proposito vi è un’isolata pronuncia della Cassazione (ordinanza 11497/2018) secondo cui l’acquiescenza può operare anche per singole violazioni, dotate però di rilevanza autonoma, anche se comprese in un accertamento unitario. Quindi, in estrema sintesi, con la pace fiscale il contribuente può beneficiare dell’esclusione delle sanzioni e degli interessi, oltre che di un maggior termine delle somme dovute. Tuttavia tale beneficio potrebbe essere compromesso dall’impossibilità di utilizzare perdite in riduzione dei maggiori imponibili ovvero crediti in compensazione delle somme dovute: in questi casi la liquidità necessaria potrebbe pregiudicare l’interesse del contribuente all’adesione.

Le alternative alla pace fiscale per chiudere una lite pendente sono l’accordo di mediazione o la conciliazione. Il primo prevede sanzioni al 35% mentre nella conciliazione in primo grado sono dovute al 40% e in secondo al 50%; tali somme si aggiungono a imposte ed interessi. La valutazione rispetto alla pace fiscale dipende esclusivamente dall’entità dell’abbattimento dell’imponibile: a parità, attesa l’eliminazione di sanzioni e interessi è sicuramente più conveniente la pace fiscale. Nel caso invece di riduzione dell’imponibile, occorrerà verificare se le nuove imposte, oltre alle sanzioni (al 35%, al 40% o al 50%) ed interessi sono complessivamente inferiori rispetto alle imposte pretese nell’atto impugnato.