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L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 26.11.2019 n. 498, riconosce l’ope­ra­ti­vità dell’art. 30-ter co. 1 del DPR 633/72 nel caso di IVA applicata per operazioni non imponibili – nella specie, funzionali alla realizzazione di Expo Milano 2015 – individuando il “presupposto per la restituzione” e, correlativamente, il dies a quo dei 2 anni per l’esercizio del diritto, nell’emissione del decreto governativo che legittima il beneficio della non imponibilità ai fini IVA.

La restituzione può essere chiesta (entro il termine di decadenza di 2 anni) anche per “versamenti” e/o “presupposti per la restituzione” che si sono verificati anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 30-ter del DPR 633/72 (12.12.2017).

Nella risposta a interpello 26.11.2019 n. 498, l’Agenzia delle Entrate si conforma all’orien­ta­mento già espresso, per un caso simile, con la risposta a interpello 18.12.2018 n. 115, rimarcando che i fornitori, che abbiano “erroneamente” addebitato l’IVA al proprio cliente – non essendo a conoscenza del regime di non imponibilità, – possono procedere, ex art. 26 co. 2 e 3 del DPR 633/72, ad una variazione in diminuzione entro un anno dall’effettuazione dell’operazione, consentendo alla società di essere ristorata dell’im­po­sta ad essa erroneamente addebitata ed ai fornitori di recuperare l’importo mediante detrazione.

Resta ferma, tuttavia, la possibilità per il cliente di agire, entro il termine decennale di cui all’art. 2946 c.c., nei confronti dei fornitori per la ripetizione di indebito (art. 2033 c.c.); questi ultimi, a loro volta, possono presentare domanda di restituzione del tributo indebitamente applicato, ex art. 30-ter co. 1 del DPR 63/72, a pena di decadenza, entro il termi­ne di 2 anni dalla data del versamento dell’IVA ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, nella risposta ad interpello 26.11.2019 n. 498, nel presupposto che l’istante, nel caso de quo, abbia emesso le fatture errate dopo l’ema­na­zio­ne del decreto governativo (2014), le stesse potevano essere corrette con la nota di variazione ex art. 26 co. 3 del DPR 633/72 entro il termine di un anno dalla data di emissione; in alternativa, l’istante avrebbe potuto chiedere la restituzione dell’IVA addebitata ed erroneamente versata entro il termine di 2 anni dal giorno del versamento o, se successiva, dalla data in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Ai fini del dies a quo del termine di 2 anni, rileva la data del provvedimento governativo che ha riconosciuto il regime di non imponibilità ai fini IVA, mentre resta irrilevante – a differenza di quanto prospettato dall’istante – la data in cui la traduzione giurata del decreto sia stata eseguita ovvero consegnata all’istante.

Con la risposta a interpello 26.11.2019 n. 498, risulta confermata l’interpretazione secondo cui la restituzione può essere chiesta (entro il termine di decadenza di 2 anni) anche per “versamenti” e/o “presupposti per la restituzione” che si sono verificati anteriormente all’entrata in vigore (12.12.2017) dell’art. 30-ter del DPR 633/72 (cfr., in tal senso, Agenzia delle Entrate risposta a interpello 18.12.2018 n. 115).