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A partire dal 1° gennaio 2021, in seguito alle novità introdotte dalla direttiva 2017/2455/Ue, il campo di applicazione del mini sportello unico (MOSS) verrà esteso a tutti i tipi di servizi, unitamente alle vendite a distanza intracomunitarie di beni e alle vendite a distanza di beni importati da Paesi terzi.

Inoltre, a partire dalla medesima data, entreranno in vigore specifici obblighi per i soggetti passivi che “facilitano” determinate cessioni attraverso l’utilizzo di un’interfaccia elettronica, come un mercato virtuale, una piattaforma, un portale o mezzi simili, essendo previsto che, in tali casi, i beni si considerano ricevuti e ceduti dalle piattaforme medesime nei confronti degli acquirenti.

Il quadro normativo viene integrato con l’adozione del regolamento Ue n. 2026/2019, pubblicato di recente sulla GUUE, che stabilisce le relative norme di attuazione, modificando a tal fine il Reg. Ue 282/2011. Nel nuovo regolamento sono specificate, ad esempio, le circostanze nelle quali, nell’ambito delle vendite a distanza intracomunitarie di beni o delle vendite a distanza di beni importati da Paesi terzi di cui all’art. 14 paragrafo 4 della direttiva 2006/112/Ce, si considera che un fornitore interviene indirettamente nel trasporto o nella spedizione all’acquirente.

Di particolare interesse sono le disposizioni concernenti la nuova disciplina per le piattaforme digitali, considerato che, in ambito nazionale, sono stati introdotti specifici e analoghi obblighi per tali soggetti.

L’articolo 13 del DL 34/2019 prevede che le piattaforme comunichino, trimestralmente, i dati dei fornitori per i quali hanno “facilitato” le vendite a distanza di beni importati o le vendite a distanza di beni all’interno dell’Ue, nonché i dati relativi al numero e al prezzo delle unità vendute in Italia, e, in caso di omessa o incompleta comunicazione, prevede che assumano il ruolo di debitori di imposta, salvo che dimostrino, rispettivamente che l’imposta è stata assolta dal fornitore o che hanno adottato tutte le misure necessarie per la corretta rilevazione dei dati.

In riferimento alla disciplina unionale in vigore dal 2021, il regolamento n. 2026/2019 precisa quando deve ritenersi che un’interfaccia elettronica “facilita” o “non facilita” una cessione di beni. La prima ipotesi ricorre quando l’uso dell’interfaccia consente a fornitore e acquirente di stabilire un contatto che dà luogo a una cessione di beni tramite la medesima interfaccia, in quanto, ad esempio, la piattaforma stabilisce direttamente o indirettamente uno dei termini o delle condizioni dell’operazione, partecipa direttamente o indirettamente all’autorizzazione per la riscossione del pagamento o all’ordinazione o consegna dei beni.

Invece, una piattaforma “non facilita” una vendita di beni se si limita a trattare i pagamenti connessi all’operazione, o a catalogare o pubblicizzare i beni, ovvero si limita a reindirizzare o a trasferire acquirenti verso altre interfacce elettroniche in cui i beni sono venduti, senza ulteriori interventi.

Il nuovo regolamento Ue prevede delle semplificazioni per le piattaforme:

  • esse non sono responsabili del pagamento di un importo di IVA superiore a quello dichiarato e pagato per le cessioni “facilitate”, se l’errore deriva dalle informazioni inviate dal fornitore ed è stato effettuato in buona fede;
  • possono presumere che il fornitore di beni sia un soggetto passivo IVA e che l’acquirente sia un privato consumatore, salvo che siano in possesso di informazioni contrarie.

Inoltre, dato che la cessione di beni dalla piattaforma al privato si considera effettuata nel momento di accettazione del pagamento (art. 66-bis della direttiva IVA), il regolamento precisa che tale momento coincide con quello in cui il fornitore riceve la conferma del pagamento, ovvero il messaggio di autorizzazione dello stesso o, ancora, un impegno di pagamento da parte dell’acquirente (considerando il primo che si verifica tra questi momenti), a prescindere da quando l’importo è effettivamente versato.

Infine, è individuata la documentazione che le piattaforme sono tenute a conservare affinché l’Amministrazione fiscale dello Stato membro in cui l’operazione è imponibile possa verificare che l’IVA è stata contabilizzata in modo corretto.