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In seguito alle modifiche dell’articolo 110, comma 7 del T.U.I.R., relativo alla normativa sui prezzi di trasferimento, l’Agenzia deve chiarire il principio di “influenza dominante”.

Le recenti modifiche alla normativa sui prezzi di trasferimento contenuta nel T.U.I.R. hanno rappresentato un importante adeguamento della disciplina domestica alle linee guida OCSE in materia di transfer pricing. Il quadro normativo di riferimento si è completato con la pubblicazione del Dm 14 maggio 2018, con il quale sono state approvate le linee guida interne del ministero dell’Economia e delle Finanze per l’applicazione delle disposizioni in materia.

Manca solo il contributo dell’Agenzia delle Entrate, tramite l’emissione di una o più circolari chiamate ad aggiornare le istruzioni contenute nella datata circolare 32/1980, che tuttora viene richiamata dalla Corte di cassazione e dagli stessi uffici negli avvisi di accertamento sul tema.

Tra le varie questioni da chiarire vi sono l’ambito soggettivo della normativa e la possibile applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento nei rapporti tra casa madre italiana e stabile organizzazione estera.

Nel caso di puntuale codificazione delle modalità di determinazione del reddito di una stabile organizzazione in Italia, a norma dell’art. 152, commi 1 e 3 del T.U.I.R., non è affatto chiaro se la disciplina in materia di prezzi di trasferimento debba applicarsi anche nei rapporti tra casa madre italiana e stabile organizzazione estera.

L’articolo 110, comma 7 del T.U.I.R. prevede che la normativa sui prezzi di trasferimento trovi applicazione per le operazioni con società non residenti che:

  • direttamente o indirettamente controllano l’impresa residente;
  • sono controllate dall’impresa residente;
  • sono controllate dalla stessa impresa che controlla l’impresa residente.

L’articolo 2 del Dm 14 maggio 2018 definisce come “imprese associate: l’impresa residente nel territorio dello Stato e le società non residenti”. È dubbio se una stabile organizzazione estera di un’impresa residente possa essere assimilata ad una “società non residente”, se non per la “finzione giuridica” richiesta ai fini dell’attribuzione del reddito ad essa.

Una posizione favorevole alla possibile applicazione della normativa sul transfer pricing anche ai rapporti tra società residenti e stabili organizzazioni estere potrebbe essere ricavata dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2018. Tale documento, che disciplina la tematica delle variazioni in diminuzione del reddito, nell’individuare i contribuenti interessati, all’articolo 1.1 richiama l’impresa residente “che operi in uno Stato estero per il tramite di una stabile organizzazione”. Salvo ritenere applicabile tale rinvio alle sole stabili organizzazioni estere pe le quali la società residente abbia optato per il regime della cosiddetta “branch exemption”, visto che in tale ultimo caso l’articolo 168-ter, comma 10, del T.U.I.R. prevede l’applicazione della normativa sul transfer pricing.

Appare dunque necessaria una presa di posizione ufficiale da parte delle Entrate, tenuto conto del fatto che, nel caso in cui si ritenesse applicabile la normativa sul transfer pricing anche ai rapporti tra casa madre residente e stabile organizzazione estera, potrebbe essere garantita ai contribuenti la disapplicazione delle sanzioni, in caso di adozione degli oneri documentali di cui all’articolo 26 del Dl 31 maggio 2010, n.78. Inoltre, è fondamentale che l’Agenzia fornisca direttive su cosa debba intendersi per “influenza dominante sulla gestione di un’altra impresa”, richiamata all’articolo 1 del Dm 14 maggio 2018. A tali fini, va chiarito a quali condizioni possano ricadere nella normativa sul transfer pricing, ad esempio, le joint venture societarie tra soggetti non legati da rapporti di controllo.