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Per la dichiarazione fraudolenta ex art. 2 del DLgs. 74/2000 rilevano anche le fatture “materialmente” false. La Cassazione ribadisce tale principio nella sentenza n. 6360 depositata recentemente, motivandolo in seguito alle intervenute modifiche ai reati tributari operate dal DLgs. 158/2015.

Nel caso di specie il legale rappresentante di una srl era stato condannato, ai sensi dell’art. 2 del DLgs. 74/2000, per aver utilizzato delle fatture per operazioni inesistenti al fine di indicare in dichiarazione elementi passivi fittizi, per un importo di circa 100.000,00 euro.

Il soggetto contesta il fatto che si trattava di fatture materialmente e non ideologicamente false, ritenendo quindi che avrebbe dovuto farsi riferimento all’art. 3 del DLgs. 74/2000, il quale prevede diverse soglie di punibilità.

Tuttavia, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza, la frode fiscale sanzionata dal citato art. 2 è configurabile ogniqualvolta il contribuente, per effettuare una dichiarazione fraudolenta, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni non realmente effettuate, non rilevando la falsità di tipo ideologico o materiale che sia. La frode sanzionata dall’art. 2 è distinta rispetto all’art. 3 per il rapporto di specialità reciproca esistente tra le condotte (tra le altre, Cass. n. 9673/2011 e Cass. n. 2156/2012).

In seguito alle modifiche dell’art. 3 del DLgs. 74/2000 apportate dal DLgs. 158/2015, la condotta per tale reato presenta ora una struttura “bifasica”, passando attraverso l’effettuazione di operazioni simulate ovvero l’utilizzo di documenti falsi o altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e, congiuntamente, a indurre in errore l’amministrazione finanziaria. Il nuovo comma 3 dell’art. 3 stabilisce, inoltre, che non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione o di emissione di altri documenti di rilievo probatorio analogo e di annotazione dei corrispettivi nelle scritture contabili, o la mera indicazione nelle fatture o nei documenti ovvero nelle annotazioni di corrispettivi inferiori a quelli reali, dovendosi intendere che non sono sanzionati dalla norma comportamenti meramente omissivi, quali la sola mancata fatturazione o registrazione. Risulta, invece, necessaria una condotta di natura commissiva nella quale il supporto fraudolento deve tradursi in espressioni oggettivamente distinte dalle mere violazioni contabili, funzionali a dare credibilità alla dichiarazione mendace e dotate, dunque di una qualificata idoneità decettiva.

Guardando all’intero quadro normativo, la sentenza in esame ritiene che il profilo distintivo tra le due fattispecie risieda, non tanto nell’operazione compiuta, quanto nel modo in cui essa è documentata. L’ambito dell’art. 2 resta così circoscritto alle ipotesi in cui la frode fiscale sia attuata mediante l’utilizzo di una fattura o altro documento avente “rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie”, mentre è indifferente che la falsificazione sia di tipo ideologico o materiale.