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Sono irrilevanti ai fini Iva le somme erogate a titolo di aggiustamento dei prezzi infragruppo (transfer pricing adjustment), qualora non ci sia un legame diretto tra gli importi corrisposti e le singole cessioni di beni effettuate tra le parti.

Tale principio emerge dalla risposta all’interpello 60 con la quale l’Agenzia delle Entrate si è espressa su una fattispecie molto diffusa nell’ambito dei gruppi multinazionali.

Il caso analizzato riguardava una società italiana, appartenente a un gruppo multinazionale, che coordinava la produzione dei beni commercializzati dalla capogruppo non residente, nonché la distribuzione dei beni stessi, gestendo altresì alcune attività accessorie. Nel modello di supply chain la società italiana acquistava i beni prodotti da una società (italiana) del gruppo e li rivendeva alla capogruppo, per la commercializzazione nel resto del mondo, a prezzi coerenti con il criterio di libera concorrenza (arm’s length). Il modello di transfer pricing adottato dal gruppo prevedeva che, nel caso in cui la marginalità della società interpellante in un dato anno ricadesse al di fuori dell’intervallo interquartile di riferimento, dovessero essere effettuati particolari “aggiustamenti”, in modo da riportare i valori all’interno degli interquartili e rispettare il criterio di libera concorrenza. In caso di profitto conseguito inferiore a quello di libera concorrenza, quindi, la capogruppo doveva versare la differenza, mentre, nel caso opposto, la società italiana era tenuta ad effettuare il versamento alla capogruppo.

La società istante ha dunque richiesto se l’aggiustamento o contributo riconosciuto dalla capogruppo, nel caso in cui venissero a crearsi differenze tra il valore realizzato e il valore previsto dal criterio di libera concorrenza, potesse considerarsi o meno rilevante ai fini Iva. Inizialmente le Entrate hanno escluso che nella fattispecie specifica il pagamento dell’adjustment fosse riconducibile a una remunerazione per una specifica prestazione di servizi, non ravvisandosi in capo alla società italiana alcuna obbligazione contrattuale, se non quelle già remunerate con il prezzo per la compravendita dei beni. Viene poi considerato se gli aggiustamenti possono essere identificati come variazioni, in aumento o in diminuzione, dei corrispettivi relativi alle cessioni di beni e, di conseguenza, della base imponibile Iva delle transazioni effettuate tra le società. Per quanto riguarda tale aspetto è stato chiarito dalle Entrate che, affinché gli adjustments da transfer pricing incidano sulla determinazione della base imponibile Iva è necessario che: vi sia un corrispettivo per tale aggiustamento, siano individuate le cessioni di beni o prestazioni di servizi cui il corrispettivo si riferisce, sia presente un legame diretto tra le cessioni di beni o prestazioni di servizi e il corrispettivo. In assenza di tale legame diretto, che non viene riscontrato nel caso di specie, gli aggiustamenti di transfer pricing sono irrilevanti ai fini Iva e, pertanto, non possono essere considerati come variazioni in aumento o in diminuzione della base imponibile.