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È stata modificata la nozione di stabile organizzazione dalla legge di bilancio 2018 per tener conto degli ultimi orientamenti: articolo 5 modello Ocse e Final report dell’action 7 del Beps. È utile concentrarsi sulla distinzione tra l’agente dipendente (che è stabile organizzazione) e quello indipendente (che non lo è).

Si ha una stabile organizzazione personale se un soggetto (persona fisica o giuridica) agisce nello Stato per conto di un’impresa non residente e abitualmente conclude contratti oppure si adopera per la loro conclusione, e questi sono in nome dell’impresa o relativi al trasferimento della proprietà o del diritto di utilizzo di suoi beni. La norma si estende ai contratti di fornitura di servizi. In questi casi, tute le attività svolte dal soggetto sono attratte dalla stabile organizzazione dell’impresa non residente, a parte quelle dell’articolo 162 comma 4 (“negative list”). Con questa nuova impostazione si mira a superare la lettura precedente dell’Ocse di tipo formale, secondo la quale non si intendeva stabile organizzazione personale in presenza di un contributo da parte del soggetto residente alla conclusione degli accordi, laddove poi questi fossero stati firmati all’estero dall’impresa non residente. Il nuovo approccio configura la stabile organizzazione personale dando importanza al luogo in cui i contratti sono negoziati, a prescindere da quello in cui sono legalmente conclusi. Non costituisce invece, secondo il comma 7, stabile organizzazione il soggetto che opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente in qualità di agente indipendente e agisca per l’impresa all’interno della propria attività ordinaria. Tuttavia, nel caso in cui l’agente operi esclusivamente o per conto di una o più imprese alle quali sia correlato, non si può considerare come indipendente. Per quanto riguarda l’attribuzione dei profitti alla stabile organizzazione rappresentata dall’agente dipendente torna utile il Rapporto Ocse del 22 marzo 2018, secondo il quale, in presenza di un agente dipendente, il profitto attribuibile alla stabile organizzazione non è il profitto totale della transazione, ma quello che sarebbe stato pattuito per la stessa transazione tra parti indipendenti. La difficoltà riguarda la questione che l’agente dipendente può prescindere dalla sede fissa, mancando così qualsiasi nesso territoriale. Tuttavia, il rapporto Ocse prevede l’applicazione Aoa (Authorized Oecd approach) anche alla stabile organizzazione personale, che comporta l’applicazione del principio dell’”arm’s length”, tipico del transfer pricing, per la valorizzazione dei rapporti tra la stabile organizzazione e l’impresa estera. Per quanto riguarda la determinazione dell’utile, questa non è stata chiarita nemmeno con il Rapporto Ocse. Si dovrebbe applicare l’analisi funzionale, attraverso l’identificazione delle “significant people functions” che l’agente esercita per conto dell’impresa o di quelle funzioni che sono importanti per gestire i rischi (di magazzino, di credito, di valuta). Di conseguenza, in funzione dei rischi sostenuti, cambia l’attribuzione del profitto. In ogni caso l’Ocse non esclude che in certi casi l’utile che si potrebbe imputare alla stabile organizzazione personale sia nullo.