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La Ctp di Milano, con la sentenza n. 9725/1/16, ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal contribuente che si opponeva al rigetto da parte dell’A.F. di un’istanza di interpello disapplicativo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, con la sentenza n. 9725/1/16, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un contribuente contro un provvedimento della Direzione Regionale Entrate (Dre) con il quale era stata rigettata un’istanza di interpello per la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo (L.724/1994).

In passato si erano affermati due differenti orientamenti della Cassazione.

Il primo, più datato, stabiliva che il rifiuto di disapplicazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria della normativa antielusiva era da considerare come un diniego di agevolazione rientrante tra gli atti autonomamente impugnabili ex art.19, comma 1, lett. h, del D.Lgs. 546/1992. Il contribuente pertanto è obbligato a presentare ricorso contro il rigetto della Dre, allo scopo di contestare nel merito l’applicazione della disciplina antielusiva. In mancanza di impugnazione del provvedimento infatti la situazione giuridica si “cristalizza”, non potendo più lo stesso contribuente contestare successivamente tramite ricorso l’applicazione del regime antielusivo.

L’altro orientamento della Suprema Corte, più recente, considera il diniego di “disapplicazione della normativa antielusiva” come un atto di disapplicazione di norma antielusiva vale a dire come un atto impugnabile sulla base di un’interpretazione estensiva del sopra citato articolo 19.

Secondo quest’ultimo orientamento della Cassazione, il rigetto dell’interpello disapplicativo è un atto impugnabile in via facoltativa e di conseguenza, la sua mancata impugnazione non pregiudica il diritto del contribuente ad ottenere la disapplicazione della disciplina antielusiva attraverso il successivo ricorso contro l’avviso di accertamento (Cassazione n. 17010/2012 e 11929/2014).

La questione è stata risolta dal legislatore con l’emanazione dell’articolo 6, comma 1, del D.Lgs. 156/2015, il quale ha stabilito che le risposte alle istanze di interpello non sono impugnabili, tranne quelle relative alla disapplicazione di norme antielusive (comma 2, art. 11, L.212/2000) contro le quali è possibile presentare ricorso unitamente all’atto impositivo.

In pratica, sulla base dell’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 156/2015, è possibile per il contribuente opporsi alla risposta dell’Agenzia delle Entrate in sede di ricorso contro l’atto impositivo, quindi in un momento successivo al rilascio della risposta da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

La Ctp di Milano, richiamando tale riferimento normativo e stabilendo che esso ha natura processuale e quindi si applica anche ai procedimenti in corso, ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal contribuente contro il provvedimento della Direzione Regionale Entrate (Dre) con il quale la stessa rigettava un’istanza di interpello per la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo.