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Con la sentenza del Tribunale di Roma, depositata lo scorso 17 ottobre 2016, viene stabilito che la delibera assembleare può essere impugnata anche dal socio di minoranza.

L’impugnazione della delibera assembleare spetta anche al socio di minoranza, anche se il suo voto non era determinante per l’esito della decisione. A stabilirlo la sentenza del Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia d’impresa, depositata lo scorso 17 ottobre.

Il caso preso in esame risale al giugno 2012, quando l’assemblea di una S.p.A. aveva approvato una modifica dello statuto della società. Un socio aveva poi impugnato la delibera, deducendo che la trasformazione era nulla in base all’articolo 2379 del Codice civile, dal momento che la convocazione dell’assemblea non era stata comunicata né a lui né ai sindaci. La S.p.A. eccepiva, invece, il difetto di interesse dell’attore a contestare la delibera, in quanto il socio, essendo titolare del solo 7% del capitale, non avrebbe potuto bloccare la delibera, che era stata votata dall’89,50% delle partecipazioni azionarie.

Per prima cosa, il Tribunale ha respinto l’eccezione di carenza d’interesse. A parere dei giudici romani, l’articolo 2379 del Codice civile, nel disporre la nullità delle deliberazioni assunte dall’assemblea in difetto di convocazione, “tutela l’interesse di ciascun socio a intervenire e, dunque, a prendere parte al processo di formazione della volontà della società”. Ne consegue che, la delibera societaria è nulla anche quanto la convocazione è “stata omessa con riferimento a un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull’esito della votazione”.

Ai fini della pronuncia della nullità, ciò che rileva non è l’esito finale o la capacità del socio escluso di incidere sul voto, ma la possibilità del medesimo socio di contribuire alla discussione dell’assemblea.

Nel merito, i giudici romani hanno respinto le richieste dell’attore, principalmente per due ordini di motivi; infatti, la socia era stata convocata a mezzo lettera raccomandata, e quindi si doveva presumere, anche in assenza dell’avviso di ricevimento, che il documento era giunto alla destinataria. E poi perché la norma che prevede il dovere dei sindaci di assistere alle assemblee “è diretta ad incidere sul rapporto (intercorrente tra società e sindaci) e non già sull’atto”. Ne consegue che la violazione dell’obbligo di partecipazione “non si ripercuote, di per sé, sulla validità delle deliberazioni assunte dall’assemblea”.