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Con la sentenza n.11348/2016, la Corte di Cassazione si esprime sull’inoltro tardivo dell’invito al contradditorio nell’ambito dell’istanza di accertamento con adesione.

I giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11348/2016, tornano sulla questione del contradditorio da instaurarsi con il contribuente nell’istanza di accertamento con adesione.

Nel caso di specie, il contribuente proponeva istanza di adesione cui l’Ufficio diede seguito, a mezzo chiamata, quattordici giorni prima del termine perentorio per la proposizione del ricorso, senza però riuscire ad instaurare il contradditorio. Il contribuente contesta il comportamento scorretto tenuto dall’Agenzia delle Entrate, la quale lo avrebbe convocato a ridosso delle festività pasquali.

La Suprema Corte dà ragione al contribuente, non in virtù dell’omissione dell’avviso di accertamento, bensì in base all’inoltro considerato tardivo dell’invito al contradditorio.

Tale sentenza si inserisce nel dibattito di grande attualità scientifica in merito all’obbligatorietà o meno del contradditorio.

Sebbene l’articolo 6 del D.Lgs. n.218/1997 sancisce che “entro quindici giorni dalla ricezione dell’avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto da istanza di cui al comma 2, dello stesso Decreto, l’Ufficio anche telefonicamente o telematicamente, formula al contribuente l’invito a comparire”, esso non definisce però alcun tipo di sanzione in caso di violazione di tale previsione. Le sanzioni in caso di mancato invito al contradditorio sono, invece, stabilite in determinate ipotesi previste da norme specifiche, ovvero negli accertamenti in materia di imposte dirette, fondate sull’abuso del diritto del diritto, per gli accertamenti di tributi doganali e per quelli conseguenti a verifiche eseguite presso la sede del contribuente. In tutti gli altri casi, secondo la Sentenza n. 24823 del 9 dicembre 2015, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, non esistendo un obbligo generalizzato per l’Amministrazione finanziaria di attivare il contradditorio prima dell’emissione dell’atto, la sanzione della nullità in mancanza di tale invito non può essere comminata.

Tale posizione è in netto contrasto con quella del diritto comunitario, la quale attribuisce un ruolo primario al contradditorio. Nell’ambito dei tributi armonizzati il contradditorio viene considerato un principio generale dell’ordinamento comunitario, intravedendo la sua esistenza nel diritto di difesa, nel diritto ad un equo processo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, nonché nel diritto ad una buona amministrazione.

Riguardo al caso in esame, la questione riguardava il comportamento dell’Agenzia delle Entrate, la quale secondo la Corte di Cassazione non ha rispettato i principi di collaborazione e di buona fede sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212/2000). Per il procedimento tributario, tali assunti sono contenuti nell’articolo 10 dello Statuto, il quale però non prevede alcuna sanzione nell’ipotesi della loro violazione. La sanzione, dunque, è rimessa all’azione interpretativa dei giudici, i quali in linea con la ratios legis ricavabile nei principi costituzionali e nei principi generali di buona amministrazione, devono comminare l’invalidità dell’atto purché il contribuente riporti una solida base fattuale tale da inficiare la bontà dell’atto stesso.