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La Commissione tributaria Regionale di Milano, con la sentenza 2011/2/2016, ha dato ragione al contribuente sulla base del principio consolidato per cui la detrazione ed il rimborso non possono essere negati se gli obblighi sostanziali sono stati soddisfatti. La controversia in esame riguardava un caso in cui l’Agenzia delle Entrate aveva negato, in virtù di errori formali, il diritto al rimborso dell’Iva richiesto dal rappresentante fiscale di un soggetto non residente in relazione a fatture ricevute da una società italiana, la quale svolgeva una concreta attività di prestazione di servizi in favore di tale soggetto, oltre al ruolo di rappresentante Iva.

Tra gli inadempimenti formali che non pregiudicano il rimborso del credito Iva, quando in un caso come quello della pronuncia, inerenza, afferenza ed effettività delle operazioni, compresi i pagamenti sono ampiamente provate, vi sono:

  • la contestazione sul numero di partita Iva e l’anagrafica dei clienti riportati in fattura, giudicata come “cavillosa” dai giudici;
  • la contestazione su irregolarità attinenti al numero progressivo delle fatture;
  • i rilievi su altre codifiche indicate nei documenti contabili;
  • la richiesta di individuare elementi di coincidenza fra le fatture emesse della società italiana e quella estera all’origine del credito richiesto al rimborso e quelle emesse da quest’ultima ai propri clienti, anche perché si tratta di flussi di fatturazione che originano da rapporti contrattuali fra parti diverse.

Sono considerati altrettanto inconsistenti rilievi di tipo sostanziale concernenti supposte anomalie nei criteri di determinazione del corrispettivo, verosimilmente fondate sul ricorrente presupposto dell’antieconomicità delle operazioni.