L’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 147 del 14 settembre 2015, meglio noto come “Decreto crescita e internazionalizzazione delle imprese” ha aumentato i limiti per la deducibilità delle spese di rappresentanza, con decorrenza dal 1° gennaio 2016.
La disciplina delle spese di rappresentanza è contenuta nell’articolo 108 del TUIR e nel Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 19 novembre 2008.
Secondo quanto previsto dall’articolo 1 del DM del 19 novembre 2008, le caratteristiche essenziali delle spese di rappresentanza sono:
- la gratuità;
- le finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
- la ragionevolezza;
- la coerenza.
Con l’intervento del Decreto crescita e internazionalizzazione delle imprese, l’articolo 108, comma 2, terzo periodo, del TUIR, individua i nuovi limiti di deducibilità proporzionati ai ricavi:
“Le spese del periodo precedente sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo in misura pari:
- a) all’1,5 per cento dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni;
- b) allo 0,6 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
- c) allo 0,4 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni.”
Le nuove percentuali devono essere applicate ai ricavi attinenti alla gestione caratteristica dell’impresa, e quindi occorre prendere in considerazione le voci A1 e A5 del conto economico.
Spesso le imprese trovano difficoltà nel qualificare talune voci di costo tra le spese di pubblicità o tra le spese di rappresentanza; l’erronea qualificazione di una voce di costo comporta delle conseguenze sia in ambito IVA che ai fini delle imposte sui redditi. Si ricorda che l’IVA relativa alle spese di rappresentanza risulta integralmente indetraibile (articolo 19-bis 1del DPR n. 633/1972). Le difficoltà circa l’esatta qualificazione possono essere superate mediante presentazione di un’istanza di interpello ordinario ai sensi dell’articolo 11, comma 2, lettera a) della Legge 212/2000. Tale possibilità è contenuta nel comma 4-bis, introdotto dal Decreto Legislativo n. 156/2015, di cui si propone il testo qui di seguito:
“Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al comma 2, il contribuente può interpellare l’amministrazione, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), in ordine alla qualificazione di determinate spese, sostenute dal contribuente, tra quelle di pubblicità e di propaganda ovvero tra quelle di rappresentanza”.
In tale ipotesi l’istanza di interpello assume le vesti di un interpello “qualificatorio”, mirato all’esatta qualificazione di una determinata fattispecie allorquando le condizioni di incertezza riguardano le regole tributarie da applicare alle medesime.