Secondo quanto affermato dalla Commissione tributaria regionale di Milano, con la sentenza n. 539/1/2016 del 28 gennaio 2016, deve ritenersi illegittima la rettifica di transfer pricing, posta in essere dall’Agenzia delle Entrate, applicando il metodo della comparazione dell’utile netto di transazione (meglio conosciuto come TNMM – transactional net margin method) ai fini del calcolo del valore normale delle operazioni intercompany realizzate dal contribuente, qualora questo abbia dimostrato, applicando il metodo del confronto interno (CUP – comparable uncontrolled price method) la conformità dei prezzi praticati a quelli osservabili nel libero mercato.
Il contenzioso prende le mosse da operazioni commerciali, effettuate da una società a responsabilità limitata italiana, con controparte una società controllante svizzera. La società italiana aveva dimostrato la conformità a valore normale dei prezzi di trasferimento intercompany, mediante la comparazione tra i prezzi applicati verso la controllante svizzera e quelli applicati ad una società terza italiana, avente ad oggetto prestazioni analoghe a quelle rese alla controllante.
L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che la società controllante svizzera e la società cliente italiana presa a riferimento non potessero essere comparabili tra loro, data la sussistenza di numerose differenze tra tali soggetti, quali l’ambito di attività e le condizioni economiche.
L’Agenzia delle Entrate, nel corso dei controlli, ha verificato la conformità al valore normale dei prezzi intercompany mediante l’applicazione del metodo TNMM; con tale metodo viene esaminato l’utile derivante da transazioni con parti correlate utilizzando indicatori di profitto e consiste nel raffronto tra l’indicatore di profitto prescelto rappresentativo della marginalità conseguita nella transazione oggetto di verifica con quello conseguito da società indipendenti.
A seguito di ciò, l’Agenzia ha concluso che i prezzi praticati dalla società italiana alla società controllante svizzera erano inferiori a quelli applicati tra parti indipendenti nel libero mercato e quindi ha recuperato a tassazione i maggiori ricavi non contabilizzati. Il rilievo operato dall’Agenzia delle Entrate è stato qualificato come illegittimo sia nel primo che nel secondo grado di giudizio.
La Commissione tributaria regionale ha avuto modo di affermare:
- che la contribuente ha dimostrato in modo adeguato la conformità al valore normale dei prezzi applicati nelle operazioni economiche con la società controllante svizzera mediante il raffronto con i prezzi praticati alla cliente italiana;
- che le differenze tra la società terza italiana e la società controllante svizzera risultano irrilevanti, in quanto “se come nel caso di specie, il raffronto ha come punto di partenza sempre il soggetto indagato, mentre a cambiare è la controparte, minor rilevanza assumono le caratteristiche di quest’ultima, purché la prestazione fornita sia sempre la medesima”.
A parere dei giudici, le contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate con riguardo al metodo del CUP applicato dal contribuente risultano irrilevanti, dato il minor rilievo che assume nell’applicazione di tale metodo la comparabilità tra le caratteristiche specifiche delle società esaminate rispetto alla comparabilità dell’oggetto delle transazioni.