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L’articolo 28, comma 4, del D.Lgs n. 175/2014 stabilisce che, ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società produce effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 31/2014, ha precisato che l’articolo 28, essendo una norma di tipo procedurale, va applicato anche per attività di controllo riguardanti società che hanno già chiesto la cancellazione dal Registro delle Imprese o già cancellate dallo stesso registro prima del 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del D.Lgs n.175/2014), nonché per attività di controllo riguardanti periodi precedenti a tale data, ovviamente nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza previsti dalla legge.

Tale tesi pronunciata dall’Amministrazione finanziaria è stata subito smentita dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 6743/2015, ha stabilito che non può essere sostenuta la tesi per cui la norma (articolo 28, comma 4, DLgs n. 175/2014) avrebbe natura procedimentale, dato che essa è, in modo evidente, sostanziale in quanto incide sulla capacità dell’ente cancellato dal Registro delle Imprese.

Questo orientamento è stato fatto proprio anche dalla sesta sezione della Corte di Cassazione, con due ordinanze che si sono limitate a ribadire quanto già affermato con la sentenza della medesima Corte n. 6743/2015.

La Cassazione, con la sentenza n. 18385/2015, ha ribadito che la disposizione che prevede la sopravvivenza quinquennale delle società cessate, ai soli fini dell’accertamento e della riscossione delle imposte, non può essere applicata retroattivamente, ovverosia prima dell’entrata in vigore della norma (il 13 dicembre 2014).