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Il fornitore nazionale, al fine di provare che i beni siano stati consegnati in un altro Paese UE, deve osservare una serie di obblighi documentali tra i quali, secondo l’Amministrazione finanziaria, il CMR rappresenta la prova principale. Particolare attenzione deve essere posta nelle clausole contrattuali con lo spedizioniere e/o con il cliente al fine di prevedere l’obbligo di comunicazione dell’avvenuta consegna.

Per applicare correttamente il regime di non imponibilità IVA previsto dall’art. 41 del DL 331/93, il fornitore nazionale è tenuto a provare che i beni siano stati consegnati in un altro Stato dell’Unione europea. La mancanza di tale prova espone alla contestazione della non imponibilità da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria, con conseguente assoggettamento dell’operazione ad IVA e irrogazione di sanzioni proporzionali all’imposta non applicata in fattura.

La giurisprudenza nazionale e comunitaria evidenzia che l’onere di dimostrare l’esistenza dello “scambio intracomunitario” è posto a carico del fornitore. D’altra parte, la giurisprudenza valorizza la buona fede del cedente, il quale abbia adottato tutte le misure ragionevolmente ipotizzabili per assicurarsi che i beni siano stati effettivamente trasferiti in un altro Stato membro.
In aggiunta ai documenti ordinariamente richiesti (fattura non imponibile emessa ai sensi dell’art. 41 del DL 331/93, modello INTRASTAT, contabili bancarie, contratto e/o ordine di acquisto), è consigliabile predisporre e conservare la seguente documentazione, in ordine decrescente di rilevanza, sulla base delle indicazioni di prassi e dell’esperienza maturata sul campo.

In generale, per i trasporti su strada, il possesso della CMR (“Convention des Marchandises par Route” o lettera di vettura internazionale), con firma del mittente, del trasportatore per presa in carico e del destinatario ovvero del terzo incaricato attestante il ricevimento della merce, può essere ritenuta la “prova regina” (risoluzione n. 345/2007).
Con la risoluzione n. 19/2013, l’Amministrazione ha riconosciuto la validità anche del documento “CMR elettronico”, firmato del cedente, dal vettore e dal destinatario e messo a disposizione in formato pdf, tramite piattaforma elettronica condivisa tra cedente e vettore.

La CMR, che costituisce “il contratto di trasporto” (Convenzione Ginevra del 1956), può più facilmente essere reperita nelle cessioni che abbiano la condizione di consegna “franco destino”, nei casi in cui il fornitore è anche il committente del servizio di trasporto e il trasportatore è tenuto a rendere conto al fornitore dell’adempiuta consegna.
In assenza di CMR, la prova richiesta può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che i beni sono stati inviati in un altro Stato membro (risoluzione n. 477/2008).
Quindi, ad esempio, in assenza di CMR, può valere un documento di trasporto, comunque denominato (DDT, delivery note, proof of delivery o “POD”, eccetera), dotato dei seguenti requisiti minimi:

  • data del documento;
  • dati identificativi di fornitore, trasportatore e destinatario;
  • descrizione delle merci o altro riferimento idoneo a collegare il documento alla fattura;
  • firma del destinatario per presa in carico della merce in un altro Paese Ue.

Nella prassi commerciale, i predetti documenti sono forniti dagli spedizionieri, su richiesta del mittente, anche nei casi di “groupage” (tecnica che consiste nel metter insieme in un’unica operazione di trasporto, o almeno per un ampio tratto del percorso, due o più spedizioni che hanno origine e destinazione uguali o vicine, in modo da formare un’unità di carico più gestibile).

In assenza di CMR, nonché di un analogo documento di trasporto, si suggerisce di acquisire la dichiarazione rilasciata e sottoscritta dal cessionario, su carta intestata, in cui il medesimo attesti il ricevimento della merce (risoluzioni nn. 477/2008 e 71/2014).
Tale dichiarazione può essere riferita anche a una pluralità di acquisti e dovrebbe contenere, oltre alla sottoscrizione del dichiarante, il riferimento alla fattura, il luogo di consegna e la data in cui la merce è stata ricevuta.

In subordine, rispetto alla documentazione sopra elencata, come prova indiretta del trasporto si potrebbero utilizzare anche le informazioni tratte dal sistema informatico dello spedizioniere, la fattura dello spedizioniere, il contratto di assicurazione commerciale per il trasporto merci e la corrispondenza tra le parti (lettere, fax, e-mail, comunicazioni commerciali, documenti attestanti gli impegni contrattuali).

Nel contratto stipulato con lo spedizioniere e/o con il cliente, è consigliabile l’inserimento di clausole che prevedano l’obbligo di comunicare l’avvenuta consegna dei beni nel luogo di destino o, quantomeno, l’impegno di comunicare l’eventuale mancata consegna dei prodotti nel luogo di destinazione indicato nel documento di trasporto, ovvero la consegna degli stessi in luogo diverso da quello indicato in tale documento (circolare Assonime n. 20 del 1° luglio 2013).
Tali clausole sono rilevanti per dimostrare la buona fede che deve essere accompagnata dall’assunzione di tutte le misure ragionevolmente ipotizzabili per dimostrare che il fornitore si è fatto parte diligente.