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La TASI nasce come tributo per i servizi indivisibili, il cui presupposto impositivo è rappresentato dal possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati, ivi compresa l’abitazione principale, come definita ai fini IMU, di aree scoperte nonché di quelle edificabili a qualsiasi uso adibiti. Da ciò se ne deduce che anche le Procedure Fallimentari sono soggette all’obbligo di pagamento della TASI sugli immobili acquisiti all’attivo fallimentare.

Con particolare riferimento al versamento del tributo, a differenza dell’IMU, laddove si prevede, in ipotesi di fallimento, uno specifico regime all’art. 10, sesto comma, D. Lgs. 504/92 (tale articolo stabilisce che “Per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l’avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell’imposta dovuta per il periodo di durata dell’intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.”), in materia di TASI non è prevista un’analoga disciplina e nemmeno un intervento legislativo di carattere derogatorio. L’unico riferimento alla disciplina IMU, ma di carattere generale, avviene attraverso il rinvio all’art. 9, comma 3, del D. Lgs. n. 23 del 2011, che stabilisce che il versamento debba essere effettuato negli stessi termini dell’IMU, ovvero con due rate di pari importo al 16 giugno e al 16 dicembre.

Sennonché, considerazioni attinenti la natura del tributo TASI, i rimandi alla disciplina IMU e la sua qualifica di componente di un’unica imposta, la IUC, parrebbero far propendere per un’applicazione analogica delle modalità di versamento previste per l’IMU, anche al tributo TASI in ambito fallimentare. Tale opinione è attualmente condivisa da Giuliano Buffelli e Barbara Rovati in Ilfallimentarista.it.

Di diverso avviso invece, Pasquale Mirto in “il Sole 24 ore” e Alessandro Solidoro in Ilfallimentarista.it, secondo cui il richiamo della disposizione suddetta, non permetterebbe di estendere per analogia l’ulteriore disposizione che prevede per l’IMU la sospensione dei versamenti durante la Procedura fallimentare. In attesa di norma derogatrice, infatti, il Curatore sarebbe tenuto quindi a pagare la TASI come qualsiasi altro contribuente. Peraltro, secondo gli stessi autori, per quanto disposto dal comma 672 della legge 147/2013, nel caso di immobili in locazione finanziaria, il Curatore dovrebbe pagare la TASI anche per gli immobili utilizzati dalla fallita, ma non formalmente riconsegnati alla società di leasing con un verbale, e questa situazione si potrebbe verificare anche per procedure concorsuali aperte da anni.

Allo stato, quindi, permane un clima di incertezza e gli operatori economici auspicano ad un intervento sulla materia, il quale, a ben vedere, potrebbe giungere, con la nuova proposta di istituire una «tassa unica locale» che incorporerebbe sia TASI che IMU.

Dove invece appare esserci uniformità di pensiero, è nell’ipotesi di pagamento del tributo in caso di fallimento del conduttore.

Infatti, la Legge di stabilità del 27 dicembre 2013, n. 147, ha stabilito, al comma 681 di tale Legge, che, qualora l’unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale, parte dell’imposta TASI deve essere corrisposta dall’occupante nella misura stabilita in apposito regolamento adottato, ai sensi del comma 679, dal Comune del luogo in cui si trova l’immobile. La disposizione in esame ha anche previsto che la parte d’imposta a carico dell’occupante dovrà essere compresa tra il 10 e il 30 per cento dell’ammontare complessivo dell’imposta TASI calcolata applicando le aliquote previste dai commi 676 e 677 della citata Legge, precisando che il titolare del diritto reale e l’occupante sono titolari di un’autonoma obbligazione tributaria.

Fatta questa premessa, nel caso specifico del Fallimento del conduttore, qualora la Procedura disponga delle risorse liquide necessarie per far fronte ai crediti prededucibili ed abbia occupato l’immobile nel corso dell’anno 2014, essa dovrà procedere, alle scadenze previste, al versamento pro quota della TASI.

In tale ipotesi il Fallimento, qualora l’immobile occupato sia ubicato in un Comune che abbia già deliberato le aliquote TASI, sarà sicuramente tenuto al pagamento del 50% di tale imposta, alle scadenze previste dalla Legge dal momento che l’imposta si riferisce alle occupazioni effettuate a partire dal primo gennaio 2014.

Tale interpretazione si renderebbe necessaria posto che il legislatore non ha previsto alcuna disposizione specifica in caso di Fallimento, né fornito deroghe della normativa generale, contrariamente a quanto è avvenuto in materia di IMU. In secondo luogo, essa appare più conforme alla ratio della disposizione che ripartisce l’onere tributario tra locatore e conduttore.

Concordi con tale tesi Barbara Rovati in Ilfallimentarista.it e Stefano Andreani in Fallco.it, in particolare la prima afferma che, in ipotesi di Fallimento del conduttore, non è ritenuto accettabile un rinvio alla disciplina in materia di IMU e laddove il Curatore non avesse provveduto ad effettuare il pagamento della TASI entro il termine previsto dalla Legge (16 giugno 2014) esso potrà provvedere anche in ritardo, senza incorrere in particolari sanzioni, dal momento che, da un lato, vista l’incertezza che ha accompagnato l’applicazione del nuovo tributo, non verranno applicate sanzioni a carico dei contribuenti “ritardatari”.

Trattandosi, dunque, di mera linea di pensiero, anche da un punto di vista sanzionatorio, si auspica ad un intervento legislativo, tanto più in ambito fallimentare a causa della presenza di Fallimenti privi di liquidità.