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Con la sentenza Equoland (causa C-272/13), la Corte di giustizia Ue ha stabilito che l’Agenzia delle dogane non può più richiedere il versamento dell’Iva già assolta con autofattura, tanto meno applicare sanzioni in modo sproporzionato. Il principio evidenziato nella sentenza è stato recepito dall’Agenzia delle Dogane con la circolare 16/D del 20 ottobre 2014.

La causa della controversia è dovuta alla mancata introduzione fisica delle merci in esenzione in un deposito Iva.

L’amministrazione finanziaria nazionale contestava il mancato assolvimento dell’Iva da parte di un importatore, in quanto, invece di corrisponderla direttamente in dogana, si era avvalso del meccanismo del reverse charge.

Secondo i giudici lussemburghesi, anche se sarebbe stato corretto assolvere l’Iva al momento dell’importazione, dato che le merci non sono state introdotte in un deposito Iva, il versamento dell’imposta sul valore aggiunto mediante il meccanismo dell’inversione contabile rappresenta un pagamento tardivo dell’imposta indiretta e non un omesso versamento. La Corte di giustizia europea ha evidenziato nella sentenza che un versamento tardivo dell’Iva rappresenta, in assenza di un tentativo di frode o di danno al bilancio dello Stato, una mera violazione formale, come tale sanzionabile negli esigui limiti del principio di proporzionalità.

Occorre rammentare che la disciplina comunitaria non prevede, tra i presupposti per l’esenzione dall’IVA sull’importazione dei beni in regime di deposito non doganale, l’obbligo di introduzione materiale della merce nel deposito.

A parere della Corte di giustizia europea, la disciplina comunitaria in tema di IVA, esclusa la fattispecie della frode, non permette ad uno Stato membro di richiedere il versamento dell’imposta all’importazione nel caso in cui la stessa sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, con l’emissione di un’autofattura registrata sia nel registro degli acquisti, sia nel registro delle vendite del soggetto passivo.

L’Agenzia delle dogane si è adeguata a quanto stabilito dalla Corte di giustizia europea. Per quanto attiene ai giudizi in corso, nei casi in cui non siano emersi profili di frode a danno dello Stato, gli uffici dell’Agenzia delle Dogane annulleranno in autotutela gli atti di revisione dell’accertamento con riguardo alla pretesa dell’Iva gravante sui beni non introdotti fisicamente nel deposito Iva, ma ivi contabilmente registrati a cura del depositario, per i quali l’imposta sia stata assolta nei modi stabiliti dall’articolo 50-bis del decreto legge 331/93. Il contenzioso non verrà interrotto con riguardo esclusivamente alla pretesa posta in essere a titolo di sanzione, ricalcolando in via di autotutela l’importo della stessa. A parere delle Dogane, nel caso specifico la sanzione applicabile è quella stabilita dall’articolo 13 del D.Lgs. 471/97, con le riduzioni ivi incluse in caso di tempestiva regolarizzazione.