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Con questa sentenza il Tribunale di Milano interpreta l’art. 1349 c.c., alla cui applicazione rinvia l’art. 2437 ter, ultimo comma, c.c., con riferimento alla contestazione che il socio, receduto da una società per azioni, muova contro la determinazione del valore delle sue azioni fatta dagli amministratori della società.

Il Tribunale premette che il procedimento di liquidazione del valore delle azioni del socio receduto, nella previsione legislativa deve essere rapido, sia nell’interesse della società che dello stesso socio, che ha interesse a recuperare il proprio capitale.

Per tale ragione l’art. 2437 ter, comma 5, riconosce il diritto dei soci di conoscere il valore delle proprie azioni nei 15 giorni precedenti alla data fissata per l’assemblea, chiamata ad assumere deliberazioni idonee a regolare il recesso dei soci dissenzienti o assenti.

Questa valutazione dovrà tenere conto della reale consistenza patrimoniale (attuale) della società e delle sue prospettive reddituali e dovrà essere corredata del parere su di essa espresso dal collegio sindacale e dal soggetto incaricato della revisione contabile.

Il socio, in disaccordo con la valutazione, ma anche la società, che vede respinta la proposta, possono ricorrere al tribunale per chiedere la nomina di un esperto che ridetermini, il valore delle azioni, in applicazione del primo comma dell’art. 1349 c.c., per espresso richiamo del’art. 2437 ter, ultimo comma.

La determinazione del valore delle azioni viene fatto non da un soggetto scelto dalle parti ma da un soggetto designato dal tribunale, ma nel quale le parti ripongono la loro fiducia. Questa determinazione completa in via onoraria il rapporto di liquidazione, se la stima dell’esperto viene accettata da entrambe le parti; la legge, tuttavia, permette che la determinazione dell’esperto sia contestata da una delle parti o addirittura da entrambe mediante instaurazione di un ordinario giudizio contenzioso, con il quale la determinazione finale viene rimessa al giudice.

Può iniziare in tal modo un contenzioso processuale, all’interno del quale il giudice procederà alla nomina di un consulente tecnico che, nel contraddittorio dei consulenti eventualmente nominati dalle parti, procederà ad una successiva e nuova determinazione, tenendo conto di quella già fatta dall’esperto in sede giudiziale onoraria.

Il Tribunale di Milano ha dovuto nel caso di specie preliminarmente esaminare le condizioni di ammissibilità della domanda che, secondo quanto disposto dall’art. 1349, comma 1, c.c., consistono nella manifesta erroneità o iniquità della stima dell’esperto.

Il Giudice è infatti chiamato a stimare sufficiente l’una o l’altra condizione, per potere ammettere la domanda, risolvendo in tal modo il problema della necessaria concorrenza delle due condizioni o della loro alternatività.

La lettera dell’art. 1349, comma 1, c.c. e` chiara nel senso che ha previsto le due condizioni nel medesimo contesto lessicale, ma separate dalla disgiuntiva ‘‘o’’. In presenza di questa chiara lettera, il Tribunale di Milano ha giudicato che non esistessero ragioni per andare oltre il limite lessicale.

Al fine di giudicare ammissibile la contestazione della stima, fatta dall’esperto in sede onoraria, non è sufficiente la sua erroneità o iniquità, ma e` necessario anche che questi difetti siano manifesti. Il Tribunale di Milano ha giudicato che l’erroneità di una stima tecnica può considerarsi manifesta solo se si prende come riferimento la capacità di comprensione e di giudizio di persone fornite della stessa cultura dell’esperto che l’ha elaborato. Si tratta normalmente di valutazioni basate non solo sull’esperienza, ma anche elaborate con l’impiego di procedimenti di calcolo costruiti dalla scienza aziendalistica, la scorretta applicazione dei quali può essere rilevata e valutata soltanto da chi possiede gli strumenti tecnici per leggerli e comprenderli.

Conseguentemente, il Tribunale ha chiesto al consulente tecnico, nominato per la rideterminazione del valore delle azioni, anche la valutazione dell’eventuale errore, contenuto nella relazione dell’esperto precedentemente nominato in sede camerale, e della sua manifesta evidenza. Nella decisione conclusiva, poi, correttamente ha condiviso e posto in evidenza, ricavandoli dalla consulenza tecnica, il giudizio negativo sulla correttezza della stima, oggetto della contestazione, e la valutazione di manifesta evidenza della sua erroneità, esponendo le ragioni della loro condivisione. Dalla motivazione della sentenza si evince, dunque, che ciascuna delle parti interessate può proporre l’impugnazione della relazione di stima redatta dall’esperto, nominato dal tribunale in sede camerale, anche se la considera soltanto erronea o ingiusta, senza adeguato sostegno tecnico, rimettendo al tribunale il preliminare giudizio di ammissibilità, che dovrà precedere la rideterminazione del valore contestato. Naturalmente, nella pratica, è consigliabile che gli interessati acquisiscano un preventivo parere almeno sulla correttezza tecnica della stima, al fine di contenere il rischio di un giudizio d’inammissibilità sulla relativa impugnazione. Quanto all’iniquità, considerato che nella fattispecie si tratta del valore di azioni societarie, essa non potrà che essere correlata, quale conseguenza, all’erroneità della stima.

 

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