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Per gestire lo stato di crisi risulta determinante prendere coscienza delle cause che l’hanno originata: la diagnosi tempestiva della tipologia di crisi (di mercato, di prodotto, di processo, finanziaria, etc…) è il presupposto essenziale per individuare la soluzione corretta. L’anticipazione di tale lavoro di analisi e di identificazione delle soluzioni permette di meglio gestire l’attività aziendale durante i lunghi periodi di negoziazione con i diversi soggetti coinvolti nella ristrutturazione.

Il risultato dell’analisi della situazione aziendale trova formalizzazione nel piano di risanamento, solitamente costituito da un Piano Industriale, documento che indica le cause della crisi, le azioni che il management ha deciso di intraprendere e i risultati attesi nel futuro (business plan), e da un Piano Finanziario, che disegna le linee guida della manovra di ristrutturazione del debito.

Per realizzare il piano di risanamento la società dovrebbe affidarsi ad un team di consulenti con professionalità diverse ma complementari: i) l’Advisor Finanziario, che elabora per la società un’opinione indipendente e consapevole sulla situazione, formula il Piano Finanziario – che costituirà la base per la proposta alle banche – e formalizza la strategia ottimale di negoziazione e di comunicazione con gli istituti bancari e con gli altri creditori; ii) l’Advisor Industriale, che affianca la società nella costruzione di un Piano Industriale credibile ed adeguato; iii) l’Advisor Legale, che propone la struttura legale, societaria e finanziaria dell’operazione, occupandosi altresì della negoziazione e del perfezionamento della documentazione contrattuale con le banche finanziatrici.

Nelle realtà di più piccole dimensioni, per contenere i costi del processo, l’Advisor Finanziario potrà essere di ausilio alla società nella formulazione del Piano Industriale posto a base di quello Finanziario, eliminando così la necessità di ricorrere ad un soggetto diverso che svolga l’attività di advisory industriale. In questa fattispecie risulta però determinante evitare che l’assenza di un consulente esterno spinga la società a formulare un piano industriale poco prudente per esporre agli istituti di credito una situazione migliore di quella effettiva: tale “abbellimento” sarebbe infatti controproducente in quanto la reale dinamica aziendale emergerebbe nell’arco di qualche mese assieme a legittimi dubbi degli istituti di credito in merito alla capacità del management di gestire l’impresa.