tel. 049.8763120 - fax. 049.8752942 segreteria@zagarese.net

Torniamo ad occuparci di un argomento già trattato negli scorsi mesi, poiché sul punto si è recentemente pronunciata anche la Corte costituzionale, che, con ordinanza 17 luglio 2013, n. 198, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2495 c.c. e dell’art. 328 c.p.c. promossa dalla Corte d’appello di Milano limitatamente al profilo per cui tali norme non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino alla formazione del giudicato.

Secondo la Corte d’Appello di Milano ciò implicherebbe che, non essendo individuabile un successore in capo al quale trasferire il processo, una volta che la società sia stata cancellata dal registro delle imprese, il processo debba dichiararsi estinto per cessazione della materia del contendere.

Richiamate le sentenze 22 febbraio 2010, n. 4060, n. 4061 e n. 4062 delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, che hanno sancito il principio per cui la nuova formulazione dell’art. 2495, co. 2, c.c., ancorché dettata per le sole società di capitali, è applicabile anche alle società commerciali di persone, sicché la cancellazione dal registro delle imprese determina, con effetto immediato, l’estinzione delle società medesime, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di rapporti ancora non definiti, la Corte d’Appello Milanese aveva sollevato, in particolare, i seguenti dubbi di costituzionalità, in rapporto:

– all’art. 3 Cost., per disparità di trattamento ed irragionevolezza, per la “evidente sperequazione nella gestione delle cause fra persone fisiche e persone giuridiche, potendo il rapporto processuale instauratosi con le persone fisiche trasferirsi in capo agli eredi, al contrario di quanto accade, in virtù del novellato art. 2495 c.c., in riferimento alle persone giuridiche, rispetto alle quali il rapporto processuale si estingue senza la possibilità dell’esame dei crediti in discussione”;
– all’art. 24 Cost., dato che viene “concessa la facoltà a una parte di sottrarsi ai propri obblighi con un semplice atto formale di cancellazione dal Registro delle imprese, impedendosi alla parte soccombente, alla stregua dei ricordati principi delle Sezioni Unite, di instaurare un valido rapporto processuale d’impugnazione, adeguando il processo alle modificazioni intervenute nel campo sostanziale”;
– all’art. 111 Cost., dato che “viene costretta una parte processuale ad instaurare un nuovo giudizio, ripercorrendo gradi già esauriti, così determinandosi un indubbio dispendio di energie nella rivalutazione di fatti già in precedenza vagliati e con l’ulteriore conseguenza dell’inevitabile protrarsi della durata del processo”.

La Consulta, respingendo la questione di illegittimità, ha sostenuto un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme censurate, come confermato dalle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione (sentt. 12 marzo 2013, n. 6070 e n. 6071), che hanno affrontato lo stesso tema, riguardante gli effetti della cancellazione della società di persone nei processi in corso e la legittimazione degli ex soci.

Nelle citate sentenze, le Sezioni Unite della Suprema Corte, da un lato, osservano come ipotizzare che la volontaria estinzione della società comporti la cessazione della materia del contendere nei giudizi contro di essa pendenti per l’accertamento di debiti sociali insoddisfatti significherebbe imporre un ingiustificato sacrificio del diritto dei creditori e, dall’altro lato, sottolineano come, anche per non vulnerare il diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost., la previsione della chiamata in responsabilità dei soci operata dal citato art. 2495 c.c. implichi un meccanismo di tipo successorio.

Pertanto, se alla cancellazione dal registro delle imprese non corrisponde il venire meno di ogni rapporto giuridico, ha luogo un fenomeno successorio, in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, responsabili nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, ovvero illimitatamente se erano tali allorché la società era in vita, così come ad essi si trasferiscono diritti e beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta.

Ricondotta la fattispecie ad un fenomeno successorio, si ritiene applicabile, quando la cancellazione e la conseguente estinzione della società abbiano avuto luogo in pendenza di una causa di cui la società stessa era parte, la disposizione dell’art. 110 c.p.c. Se l’estinzione della società cancellata dal registro interviene in pendenza di un giudizio del quale la società è parte, si ha un evento interruttivo del processo, disciplinato dagli artt. 299 ss. c.p.c., con possibile successiva eventuale prosecuzione o riassunzione del medesimo giudizio da parte o nei confronti dei soci.