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Con le modifiche apportate dalla Manovra 2011, (D.L. 98/2011, convertito in L. 111/2011) e dal Decreto Sviluppo, (D.L. 70/2011, convertito in L. 106/2011), sono state cambiate norme e procedure legate all’avviso di accertamento esecutivo. Quello che all’inizio era apparso come uno spauracchio nei confronti dei contribuenti – cioè la concentrazione di tre atti in uno – si è in realtà tradotto in un allungamento dei tempi complessivi di riscossione. Vediamo come.
Prima dell’intervento delle nuove norme la procedura prevedeva tre passaggi successivi: dapprima l’emanazione dell’avviso di accertamento, successivamente l’emissione del ruolo, in ultima battuta l’emissione della cartella di pagamento.
Tre passaggi che, come anticipato, sono ora unificati nel nuovo avviso di accertamento esecutivo. «Ci si aspettava un conseguente accorciamento dei tempi – sottolinea Umberto Zagarese, dottore commercialista e socio dello studio ComLegal – ma in realtà avviene esattamente il contrario: così, se prima tutto si concludeva in quattro, cinque mesi al massimo, oggi possiamo arrivare a 270 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento, all’esecuzione forzata».
I conti sono presto fatti: l’avviso di accertamento diventa pienamente esecutivo solo dopo 60 giorni dalla notifica. Decorso questo termine, servono altri 30 giorni perché l’agente della riscossione (cioè Equitalia) riceva l’affidamento. Ma l’agente dovrà attendere – prima di poter procedere all’esecuzione forzata – altri 180 giorni. Ecco che si raggiungono i 270 giorni complessivi, calcolati senza contare eventuali ricorsi da parte del contribuente.
«Per il pagamento – sottolinea Zagarese – si introduce un “termine mobile” che si sposta avanti nel tempo a seconda che si verifichino alcune condizioni. Il risultato, insomma, è una nuova dimostrazione del fatto che il legislatore non si occupa, al di là di enunciazioni di principio, di rendere davvero efficiente la riscossione. Si rincorre il contribuente senza centrare l’obiettivo, che dovrebbe essere quello di riuscire a monetizzare in tempi brevi».
Ma le nuove normative mostrano un altro aspetto singolare: il contribuente è tenuto a versare un aggio del 9% a Equitalia. «Se l’aggio aveva un senso quando il servizio di riscossione tributi era affidato alle banche, cioè a soggetti privati – rimarca Zagarese – c’è da chiedersi perché sia previsto, oltretutto in una misura così elevata, nei confronti di Equitalia, che è un soggetto pubblico. Insomma, possiamo dire di trovarci di fronte a una vera e propria “tassa sulla tassa”, visto che il beneficiario finale rimane sempre lo Stato».