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La scissione è un’operazione fiscalmente neutrale per i soci in presenza di un rapporto di conguaglio congruo e in assenza di conguagli in denaro, tuttavia l’art. 173 del T.U.I.R. non fornisce precisazioni sul criterio in base al quale, a prescindere dalla sussistenza o meno di conguagli, il costo fiscale della partecipazione originariamente posseduta nella scissa debba essere ripartito.

Il costo fiscale della partecipazione originariamente posseduta nella scissa deve essere ripartito tra le diverse partecipazioni ricevute in cambio dai soci della scissa oppure, in caso di scissione parziale, tra la frazione della stessa partecipazione originaria che resta in capo al socio e le partecipazioni nelle beneficiarie (o la partecipazione nella beneficiaria) ricevute in cambio.

Nel corso del tempo sono stati presi in considerazione tre criteri basati:

  • sull’entità del capitale sociale trasferito;
  • sull’entità della quota di patrimonio netto contabile trasferito;
  • sull’entità della quota di patrimonio netto effettivo trasferito.

Il primo dei citati criteri si basa sulla ripartizione dell’importo complessivo del capitale sociale della società scissa, confrontando la situazione esistente prima e dopo l’operazione di scissione: in pratica verificare il rapporto tra l’ammontare del capitale sociale della scissa che confluisce tra le poste del patrimonio netto delle beneficiarie e l’ammontare residuo (scissione parziale) in capo alla scissa medesima.

Tuttavia, è stato osservato che questo metodo, derivante in sostanza dai principi applicabili nell’ambito di operazioni di fusione (dove in caso di concambio il costo fiscale delle azioni o quote ricevute è da considerare pari a quello delle azioni o quote annullate) non è adeguato alle caratteristiche proprie della scissione, fornendo circostanze che possono dare adito a possibili comportamenti elusivi.

Il successivo criterio proposto si basa sulla ripartizione del costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni in base alla proporzione tra il patrimonio netto della società scissa e quello della società beneficiaria. Tale metodo, originato sicuramente dal criterio di ripartizione delle posizioni soggettive tra scissa e beneficiarie di cui all’art. 173 comma 4, è ben considerato da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Tra i diversi criteri quello che ha incontrato i maggiori favori dell’Agenzia delle Entrate è il criterio della suddivisione del costo fiscale della partecipazione originaria tra le singole partecipazioni ricevute nelle beneficiarie in base ai patrimoni netti contabili trasferiti.

Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria è tornata recentemente sull’argomento indicando come criterio favorito quello dei patrimoni netti a valori effettivi e non a valori contabili.

L’ultimo criterio proposto in dottrina si basa sempre sulla ripartizione del costo fiscale delle partecipazioni in funzione della ripartizione tra beneficiarie e scissa del patrimonio netto di quest’ultima. Ma, anziché considerare il patrimonio netto a valori contabili si fa riferimento al patrimonio netto a valori effettivi. Tale metodologia è giudicata come la più idonea anche nella circolare Assonime n. 39 del 2000 e dalla maggioranza della dottrina.

Oltre che da ragioni di appropriatezza economica, la metodologia citata sembra trarre piena legittimazione anche da considerazioni di carattere giuridico atteso che la Relazione illustrativa all’art. 1 del Dlgs. n. 543 del 1992 (con il quale era stata introdotta in origine la disciplina fiscale delle scissioni nel T.U.I.R.) recita “il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione originaria si trasferisce sull’insieme di quelle ricevute in cambio e della eventuale quota non sostituita della partecipazione originaria, ripartendosi tra tutte in proporzione dei valori alle stesse attribuibili ai fini della determinazione del rapporto di cambio”.

Con la risoluzione n. 52 del 2015 l’Agenzia delle Entrate ha definitivamente confermato che dal suo punto di vista il più appropriato criterio di ripartizione del costo fiscale delle partecipazioni sia quello basato sui patrimoni netti effettivi assegnati alle beneficiarie ed eventualmente rimasto alla scissa.

Il cambiamento di indirizzo è avvenuto sulla base di un caso di scissione non proporzionale, ma nella citata risoluzione n. 52 del 2015 è espressamente riportato che il nuovo orientamento deve intendersi valido anche riguardo le scissioni proporzionali, superando quindi l’orientamento espresso nella C.M. n. 98 del 2000.