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L’introduzione dei reati tributari, fino ad oggi esclusi, nel D.Lgs. n. 231/2001 porta inevitabilmente alla necessità di implementare presidi di controllo che siano in grado di contrastare ovvero mitigare il rischio di commissione di tali illeciti.

Le società possono, di conseguenza, incorrere in sanzioni (pecuniarie/interdittive) in riferimento ai seguenti reati:

  • dichiarazione fraudolenta tramite uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, reato previsto dall’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, che comporta una sanzione pecuniaria fino a 500 quote, e dall’art. 2, comma 2-bis, che prevede una sanzione pecuniaria fino a 400 quote. La norma punisce chi, allo scopo di evadere l’imposta, indica elementi passivi fittizi nella dichiarazione annuale obbligatoria dei redditi o dell’IVA e, a tal fine, si avvale di fatture o di altri documenti riferiti a operazioni inesistenti. Soggetti attivi sono tutti i contribuenti che presentano la dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi o dell’imposta sul valore aggiunto. L’utilizzo di fatture o altra documentazione per operazioni inesistenti può avvenire tramite registrazione nelle scritture contabili obbligatorie oppure mediante detenzione ai fini di prova nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria;
  • dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, reato previsto dall’art. 3, D.Lgs. n. 74/2000, che comporta una sanzione pecuniaria fino a 500 quote. La norma punisce chi, allo scopo di evadere l’imposta, indica elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizie nella dichiarazione annuale obbligatoria dei redditi o dell’IVA e, a tal fine, compie operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero si avvale di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti. Il reato ha natura istantanea e si consuma con la presentazione della dichiarazione;
  • emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, reato previsto dall’art. 8, comma 2-bis, D.Lgs. n. 74/2000, che comporta una sanzione pecuniaria fino a 400 quote. La norma punisce chi, allo scopo di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Trattasi di fenomeni evasivi attraverso la creazione di imprese illecite o con l’unico o prevalente scopo di immettere sul mercato documentazione falsa.
  • delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, reato previsto dall’art. 11, D.Lgs. n. 74/2000, che comporta una sanzione pecuniaria fino a 400 quote. La norma punisce chi aliena o compie altri atti fraudolenti su propri o altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto e conseguenti interessi e sanzioni amministrative. È inoltre prevista una circostanza aggravante, ai sensi del nuovo art. 25-quinquiesdecies: tutte le sanzioni sono aumentate di un terzo se, a seguito del reato tributario, l’ente ha conseguito profitto di rilevante entità.

I “nuovi” reati presupposto del suddetto articolo vanno inevitabilmente a mescolarsi con i reati societari, di riciclaggio e autoriciclaggio, ovvero tutti i delitti “non colposi” da cui origina denaro sporco, unitamente ai reati di transnazionalità.

Le persone fisiche rischiano:

  • pene detentive;
  • la confisca per equivalente;
  • la confisca per sproporzione.

Le società invece:

  • in sede tributaria, rischiano di essere condannate al pagamento dell’imposta evasa, delle sanzioni amministrative e degli interessi;
  • in sede penale rischiano di vedersi applicate sanzioni pecuniarie fino a 774.500 euro, sanzioni interdittive e la confisca di valore, secondo quanto previsto dal D.lgs. n. 231/2001.

È pertanto necessario adeguare i modelli organizzativi in essere, prevedendo le seguenti fasi:

  • individuazione degli ambiti a rischio reato, anche tramite un’analisi “storica” degli avvenimenti attraverso: l’identificazione delle principali aree/attività ed unità organizzative interessate dal fenomeno (aree sensibili tipicamente connesse all’ambito fiscale, ad esempio “predisposizione delle dichiarazioni fiscali”, attività sensibili “strumentali” svolte al di fuori del processo fiscale ma nell’ambito delle quali è possibile commettere reati come “gestione della contabilità, attività sensibili svolte nell’ambito di processi operativi ma potenzialmente rilevanti per la commissione di reati tributari come la “vendita di beni e servizi); il riconoscimento delle principali modalità di realizzazione dei reati tributari;
  • analisi dei controlli preventivi (As-is e gap analysis) nonché eventuali carenze/aree di miglioramento;
  • aggiornamento del sistema sanzionatorio, integrazione del Codice Etico;
  • piano di implementazione che preveda interventi su alcune componenti del modello come: sistema organizzativo, autorizzativo e di firma con attribuzione di ruoli e responsabilità, unitamente all’assegnazione di deleghe specifiche per un adeguato presidio del rischio fiscale ed efficace controllo; adozione di un assetto amministrativo adeguato, affiancato da un sistema gestionale altrettanto efficace; implementazione di un sistema contabile che permetta una verifica sulla congruità e corrispondenza dei dati registrati in contabilità; integrazione di presidi di controllo nei processi sensibili coinvolti; adeguati flussi informativi verso l’Odv tali da consentire l’individuazione di anomalie da verificare;
  • sistema di comunicazione ed informazione;
  • adeguato programma di formazione del personale, con riferimento alla materia fiscale.

L’OdV dovrà effettuare il consueto monitoraggio sulle nuove componenti del modello, includendo nel piano di audit apposite verifiche.