In seguito all’orientamento della Cassazione espresso nell’ordinanza n. 31654/2019, si pronuncia la Corte di Giustizia Ue con la sentenza relativa alla causa C-394/18, avallando la possibilità di revocare la scissione tramite la c.d. azione “pauliana”, di cui all’art. 2901 c.c., la quale risulta compatibile con il diritto Ue.
Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, la Cassazione ha precisato che dall’art. 2504-quater c.c., il quale esclude solo una dichiarazione di invalidità (nullità e annullamento) della scissione, non è possibile desumere la non esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., che non determina alcuna invalidità dell’atto, ma esclusivamente la sua inefficacia relativa, rendendolo inopponibile al creditore pregiudicato.
In particolare, quanto previsto dal codice civile presuppone una scissione (o fusione) efficace e, superando la distinzione tra nullità e annullabilità dell’atto, quali situazioni accomunate dalla nozione di invalidità, è tesa ad evitare effetti demolitori sulle operazioni in questione.
Una simile previsione è parsa totalmente compatibile con la natura e gli effetti dell’azione revocatoria, come strumento di conservazione della garanzia patrimoniale che opera sul piano della mera inopponibilità dell’atto nei confronti del creditore pregiudicato.
Allora, in mancanza di un adeguato fondamento normativo, non si è ritenuto che l’opposizione che compete ai creditori nella scissione rappresenti un rimedio “sostitutivo e necessario” e non solo “aggiuntivo” rispetto all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, quando ne sussistano i presupposti.
La Corte di Giustizia precisa che l’art. 12 della sesta direttiva (82/891/Cee) del Consiglio deve essere interpretato nel senso che esso non osti a che, dopo la realizzazione di una scissione, i creditori della società scissa, i cui diritti siano anteriori a tale scissione e che non abbiano fatto uso degli strumenti di tutela dei creditori previsti dalla normativa nazionale in applicazione di detto art. 12, possano intentare un’azione pauliana ex art. 2901 c.c. al fine di far dichiarare la scissione inefficace nei loro confronti e di proporre azioni esecutive o conservative sui beni trasferiti alla società di nuova costituzione.
Tra gli strumenti di tutela dei creditori della società scissa previsti dal citato art. 12 non figurano le azioni pauliane, tuttavia esiste un sistema di tutela degli interessi dei creditori della società scissa per i crediti sorti anteriormente alla pubblicazione del progetto di scissione e non ancora scaduti alla data della pubblicazione, che non preclude ulteriori strumenti di tutela.
Inoltre, dal complesso delle disposizioni dettate in materia (art. 2 e 12 della sesta direttiva e art. 13 della terza direttiva) si evince come l’armonizzazione minima della tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla scissione non sia di ostacolo al fatto che, nel contesto di una scissione mediante costituzione di una nuova società, sia riconosciuta una posizione prioritaria alla tutela degli interessi dei creditori della società scissa. La tutela può infatti essere “diversa” per i creditori delle società di nuova costituzione e per quelli della società scissa.
Anche l’articolo 19 della sesta direttiva, il quale limita i casi di nullità della scissione, è reputato un ostacolo superabile: la nullità di una scissione già effettiva può essere dichiarata solo per mancanza di controllo preventivo di legittimità, per difetto di atto pubblico e se è accertato che la deliberazione dell’assemblea generale che ha approvato il progetto di scissione è nulla o annullabile in virtù del diritto nazionale.
Si tratta di casi che attengono alla “formazione” della scissione e che incidono sull’esistenza stessa di quest’ultima, comportandone la scomparsa. L’azione pauliana, al contrario, ha per oggetto soltanto la tutela dei creditori i cui diritti siano stati lesi dalla scissione; si rende infatti inopponibile nei loro confronti la scissione, in particolare il trasferimento di taluni beni tramite l’atto di scissione.
In conclusione, la Corte di Giustizia combinando l’art. 19 con quanto disposto dagli articoli 21 e 22 della medesima sesta direttiva, prevede che lo stesso debba essere interpretato nel senso che esso non osti all’introduzione, dopo la realizzazione di una scissione, da parte dei creditori della società scissa, di un’azione pauliana che non intacchi la validità della scissione, ma soltanto consenta di rendere quest’ultima inopponibile a tali creditori.