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Con la risposta a interpello 26.11.2018 n. 84, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’esistenza di comportamenti della società cedente incompatibili con la volontà di esercitare la rivalsa IVA post accertamento, determinano un effetto preclusivo del diritto.

Se la società cedente, pur avendo la possibilità di esercitare la rivalsa post accertamento nei confronti della cessionaria, poi estinta per effetto della cancellazione dal Registro imprese, abbia deciso di non compierla, non potrà successivamente rendere neutrale nei suoi confronti l’operazione. La società cedente non potrà infatti esercitare alcuna rivalsa nei confronti della società cessionaria estinta, né potrà esercitare la detrazione, attraverso il meccanismo della nota di variazione ex art. 26 co. 1 del DPR 633/72.

L’art. 60 co. 7 del DPR 633/72, introdotto dall’art. 93 co. 1 del DL 1/2012 (conv. L. 27/2012), al fine di porre rimedio alla procedura di infrazione comunitaria n. 2011/4081, ha introdotto nel nostro ordinamento il diritto alla rivalsa IVA post accertamento, innovando il sistema previgente, che vietava tout court la rivalsa successiva. La norma stabilisce che il cedente ha il diritto di rivalersi nei confronti dei cessionari dell’imposta o maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica, solo previo “pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi”, garantendo, altresì, nei confronti del cessionario, la possibilità di rimanere neutrale, esercitando la detrazione dell’IVA oggetto di successiva rivalsa.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate recuperava la maggiore IVA nei confronti del cedente, contestando alcune fatture emesse. La società cedente definiva, tramite adesione ex artt. 6 e ss. del DLgs. 218/97 ed optando per il pagamento rateale, le pretese contenute negli atti impositivi, ma non esercitava contestualmente il diritto di rivalsa nei confronti del cessionario ex art. 60 co. 7 del DPR 633/72. Successivamente, il cessionario si cancellava dal Registro delle imprese.

Veniva quindi prospettata dalla società cedente la possibilità di esercitare la detrazione, rata per rata, con l’emissione delle note di variazione ex art. 26 del DPR 633/72.

L’Agenzia delle Entrate non condivide tale soluzione, in particolare per il fatto che la società cedente, pur avendo avuto la possibilità di esercitare il diritto di rivalsa prima della cancellazione della controparte dal Registro imprese, non lo aveva esercitato.

Nella fattispecie, inoltre, secondo l’Agenzia, l’identità ab origine della compagine societaria della società cedente e della cessionaria, successivamente estinta, costituiva un ulteriore indice della scelta dei soci di non esercitare la rivalsa.

La società cedente, che ha presentato l’interpello, avrebbe, quindi, posto in essere comportamenti incompatibili con la volontà di esercitare il diritto di cui all’art. 60 co. 7 del DPR 633/72.

Si rammenta, infine, che la circ. Agenzia delle Entrate 17.12.2013 n. 35 (§ 3.5) – richiamata anche nella risposta a interpello in commento – affronta una questione sul profilo della neutralità dell’IVA simile a quella in esame, ove le posizioni dei soggetti coinvolti sono diverse (in quanto riguardante una fusione per incorporazione).

In quell’occasione, l’Agenzia aveva affermato che, in ossequio al principio di neutralità, l’incorporante/committente può esercitare il diritto alla detrazione ex art. 60 co. 7 del DPR 633/72 anche, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è provveduto pagamento dell’imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi.

L’Agenzia delle Entrate rammenta che la rivalsa post accertamento costituisce un istituto di carattere privatistico che regola i rapporti interni fra contribuenti. Ne costituirebbe conferma la circostanza che, ai sensi dell’art. 60 co. 7 del DPR 633/72, il suo esercizio è meramente facoltativo per il cedente, a differenza della rivalsa IVA ordinaria ex art. 18 co. 1 del DPR 633/72, per sua natura obbligatoria.

Inoltre, si afferma che in caso di mancato pagamento dell’IVA da parte dell’acquirente l’unica possibilità consentita al fornitore per il recupero dell’IVA pagata all’Erario, ma non incassata, è quella di adire l’autorità giudiziaria.

Nel caso in esame, però, anche questa possibilità risultava preclusa a seguito della cancellazione della cessionaria dal Registro imprese.