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La validità degli atti dell’Agenzia delle Entrate, che riportano la firma digitale al posto di quella autografa, è da verificare sulla base delle regole previste dal Codice dell’amministrazione digitale

Negli ultimi mesi è in crescita il numero di atti emessi dall’Agenzia delle Entrate, che riportano la firma digitale al posto di quella autografa del responsabile che ha redatto l’atto o del direttore dell’Ufficio. In particolare, la firma digitale viene apposta su avvisi di accertamento, atti di recupero dei crediti d’imposta, inviti al contradditorio e documenti “interni” all’ufficio, come l’ordine di accesso per la verifica fiscale.

Tale prassi operativa non è però conforme a quanto previsto dall’applicazione del Codice dell’amministrazione digitale (CAD). Tale codice, introdotto dal Decreto Legislativo 82/2005 e successivamente aggiornato dal D.lgs. n. 179/2016, prevede che le norme in esso contenuto non si applichino infatti “all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale”.

La firma digitale, come chiarito dal successivo provvedimento del 2 novembre 2010, può essere applicata in sostituzione della firma autografa per atti prodotti da sistemi automatizzati e di carattere seriale derivanti da attività accentrata, quali gli accertamenti delle tasse automobilistiche, delle concessioni governative o dei canoni di locazione non dichiarati. Per gli accertamenti di carattere ordinario e per gli altri provvedimenti diversi dai precedenti, quindi, la sottoscrizione digitale non è stata prevista.

Il Codice dell’amministrazione digitale contempla, inoltre, che il documento firmato in digitale sia in seguito inviato in un formato specifico tramite Posta elettronica certificata, Pec. Si pone dunque un problema di validità per quegli atti, avvisi di accertamento e atti di recupero del credito, emessi negli ultimi mesi del 2016 e notificati in formato cartaceo.

Tali atti per essere conformi alla Legge, e quindi produrre i loro effetti devono contenere, come disposto dall’articolo 23, comma 2-bis del Dlgs 82/2005, l’indicazione del QR code e del link di controllo attraverso i quali per il contribuente è possibile verificare la corrispondenza tra i documenti originali e le copie inviate al contribuente sulle quali è stato apposto il codice. In assenza di tali elementi, il contribuente potrebbe procedere all’impugnazione dell’avviso di accertamento, eccependo la nullità dell’atto per assenza di sottoscrizione: sia perché l’applicazione del Cad è esclusa per gli atti fiscali sia perché, in ogni caso l’assenza del QR code non attribuisce alcuna validità alla firma digitale.

Pertanto per gli avvisi di accertamento emessi negli ultimi mesi del 2016 e notificati in formato cartaceo, è necessario fare attenzione che gli stessi rechino l’indicazione del Codice QR richiesto dalla Legge; in caso contrario il contribuente può impugnare l’avviso di accertamento davanti al giudice eccependo la nullità dell’atto stesso.